Ci sono nella mia vita di fotografo tre momenti distinti nella scoperta della fotografi antica francese. Essi hanno segnato in maniera indelebile la mia passione per gli autori operanti al di là delle Alpi a metà del 1800. Il primo incontro fortuito è nella primavera del 1979 quando, in trasferta per realizzare fotografie per guide turistiche, ho visto nel museo di Carcassonne alcune vecchie immagini di Gustave Le Gray. La cittadina del Aude non è stata ancora manomessa da Violet le Duc e la cinta muraria portava ancora i segni del tempo. Ho spesso ripensato a quelle immagini, quando appoggiavamo il cavalletto, per ritrarre la città da angolazioni che avrebbero soddisfatto il nostro committente. Questa inquadratura ci ha guidato per un giorno intero, cercando di ripeterla, ma eravamo sprovvisti dell’ottica con l’angolazione che ci avrebbe dato, in diapositiva a colori, quasi la medesima immagine.
Il secondo incontro con la fotografia antica francese è di qualche mese dopo. Un amico reduce da Londra mi alletta con due volumi della Thames&Hudson dedicati alla fotografia dei pionieri, cercando d’indurmi ad uno scambio con un vinile “raro” di cui lui non poteva fare a meno. Era un ‘offerta che alimentava ancora di più la mia curiosità per i fotografi della prima ora. Accettai e entrambi fummo contenti delle nostre scelte. Studia, analizzai e sfogliai i due volumi per anni, il testo in inglese era molto esaustivo per l’epoca e i due tomi divennero una costante nelle mie letture fotografiche. Finché un giorno un creativo o art director li vide e me li chiese in prestito. Finirono suo uno scaffale o in qualche mensola delle allora numerose agenzie pubblicitarie e mai tornarono nel mio studio. Il problema fu la mia dimenticanza nel richiederli dopo qualche mese e quando finalmente ricordai “l’autore del furto” i volumi erano andati in altre mani. Mi avevano colpito particolarmente alcune nature morte di Henri Le Secq
Il terzo capitolo di questa storia d’incontri con la fotografia antica francese avviene a Venezia nei primi anni 90. A casa di Paolo Costantini, allora direttore del CCA ho avuto il piacere di sfogliare delicatamente un album di fotografie originali di Henri Le Secq. L’emozione fu abbastanza grande, anche se non mi resi conto dell’unicità del pezzo, acquisito in un asta. Solo dopo qualche anno compresi che, sempre più la fotografia antica, era divenuta merce rara alle aste e nelle case antiquarie che realizzavano prezzi da capogiro per fotografie uniche e irripetibili per la forma con cui erano state prodotte. Nel corso degli anni ho studiato il rapporto fra H. Le Secqqui ritratto da Gustave, e il suo contemporaneo Le Gray, amici e complici nell’arte fotografica ai suoi primordi. Inizialmente il materiale stampato a disposizione per vedere l’opera dei due francesi era molto scarso, ma nel corso degli anni 2000 in Francia c’è stato un proliferare di nuove stampe editoriali dedicate alla fotografia francese dei pionieri. Gustave le Gray
è stato privilegiato per aver “esercitato” la professione di fotografo per un tempo maggiore di quello del suo amico Henri che si è invece staccato dalla fotografia dopo dieci anni di sublime praticantato. Oltre che un innovatore nella fotografia di paesaggio, Le Gray ha ritratto uno dei nostri protagonisti del Risorgimento in pieno svolgimento della campagna dei Mille. Eccovi Giuseppe Garibaldi
in versione normale, senza le iconografie che poi troveremo nei ritratti più tardi. Ritornando alla mia prima visione delle fotografie di Le Gray questa fu una delle prime che realizzammo per il servizio fotografico e credetemi, nonostante il cambi totale del paesaggio circostante le mura chi vede Carcassonne per la prima volta ha questa prospettiva, sempre che non abbiano cambiatogli accessi alla città di Carcas.
so cosa vuol dire mettere il cavalletto e cercare l’inquadratura da ripetere…
Molto interessante la tua ricerca storica, Daniele. La fotografia “antica” rivive e risplende, con odierna curiosità