Il film è stato iniziato una quarantina d’anni fa e le riprese sono continuate per una decina d’anni. Le bobine raccontavano un incontro tra fotografi e il girato era rimasto sempre un cantiere aperto, sul set chiamato Chato Photo&Grafica ai margini di Borgo Nuovo. Oggi ho trovatole le bobine dopo un paio di tentativi andati a vuoto nei mesi di clausura, mi sono messo in sala proiezioni a visionare quanto era stato registrato del nostro rapporto, di giovani fotografi, con Helmut Newton. Mai avevo tagliato e montato la grande massa di parole, visioni e considerazioni che il tedesco-australiano aveva suscitato in due giovanotti dediti alla fotografia professionale. Lui aveva circa sessant’anni, un nome tedesco e un cognome anglosassone, noi meno di trenta e due nomi italiani: Riccardo e Daniele. La professione era la medesima: fotografi. Ci incontravamo sulle pagine di Photo, era la fine dei settanta. Noi consumavamo le sue immagini. L’editore Hachette mostrava una propensione per pubblicare le fotografie di H.N e nella nostra voglia di novità da scoprire nel mondo fotografico, gli editoriali a lui dedicati diventavano tema di discussione. Spesso tra di noi, giovani professionisti, in cerca di fotografie diverse per guardare il mondo della pubblicità con nuove prospettive, l’analisi delle sue fotografie occupava ore. Provocatorio, innovativo e carico d’erotismo, questi erano i temi che discutevamo tra noi e con i nostri colleghi, appassionati e frequentatori della Chato Photo&Grafica. Il tema si allargava quando Guy Burdin, fotografo francese, veniva citato, come suo compare e sobillatore del gusto nella foto di moda e glamour. Le loro fotografie erano situazioni costruite in cui chi indossava il vestito o l’accessorio rappresentavano una precisa volontà dell’autore di evocare un quadro ben specifico. Era una messa in scena in cui i modi d’interpretare la moda erano stravolti. I fondi o le ambientazioni costruite o quelle naturali, erano marcate da elementi ben distinti e la tecnica fotografica al servizio di una scena che mostrava un “avvenimento”. Niente accadeva per caso perché Newton era un perfetto maestro nel colpo d’occhio preparato e le foto nascevano dalla volontà di “fermare” un attimo inventato di vita. Fu un precursore della “staged photography” che potremo definire come fotografia allestita, preparata, messa in scena. Le nostre impressioni erano orientate alla sua inedita maniera di guardare alla foto di moda così concepita, distanti anni luce da quanto avevamo studiato fino a quel momento. C’erano gli amanti, pochi, del nostro uomo, in maggior numero i critici e detrattoti, come si conviene a qualcuno che colpisce l’immaginario, ma non è chiaro da dove arrivi. Helmut aveva allora l’età per cui avrebbe potuto essere nostro padre, ma non ne conoscevamo l’origine e nemmeno la sua carriera fino a quel momento. Piano, lentamente qualcosa apparve di più concreto sul suo percorso professionale e allargando l’acquisto dei giornali lo trovammo su Vogue Italia. Era la firma dei redazionali maggiormente ironici e innovativi, delle solenni provocazioni al modo di vedere la moda di quegli anni. Il dibattito comunque andava sempre più accendendosi e H.N. era diventato la pietra di paragone con gli altri suoi contemporanei. Con Riccardo discutevamo senza presenze estranee, la sua visione estetica ed erotica che stravolgeva il modo di approcciare la fotografia di moda. Con qualche anno di esperienza fotografica sulle spalle capimmo, sempre più, la sua novità e il clamore che questa provocava negli ambienti della fotografia italiana. Volevamo assolutamente vedere le fotografie che apparivano negli editoriali di Photo e su Vogue riuniti in un libro, sarebbe stato per noi la prova tangibile che l’opera di H.N. non era occasionale. Avremo così tacitato tutti coloro che lo vedevano, con Burdin, un fenomeno passeggero e spesso disturbante. Trovare libri di fotografia in quegli anni era un’impresa ardua, soprattutto quelli che erano pubblicati da editori stranieri e contenevano fotografie di autori sconosciuti. Helmut Newton era uno di questi, ma arrivarono “White women” e “Sleepless night” insieme a un editoriale di Vogue France che ci diede qualche maggior sostentamento nella nostra ricerca delle fotografie di Helmut Newton. Riccardo li comprò, io conservai una vasta collezione di Vogue e altre testate di moda con le sue fotografie, le dimenticai in soffitta, osservandole da lontano.
Passarono gli anni e una ventina mi separarono dall’inizio del film, quando Newton, ottantenne, supportato da un altro visionario e provocatore, Benedikt Taschen, editore fuori dagli schemi, immaginò e realizzò un’opera che confermò il suo disprezzo per il facile o prevedibile. SUMO fu un progetto spettacolare e degno della miglior provocazione che il nostro ironico tedesco-australiano potesse mettere al servizio della sua opera fotografica. L’idea fu quella di un libro dalle dimensioni enormi. Una mostra privata con immagini spettacolari, riprodotte in maniera impeccabile. Fu l’enorme frutto tipografico scaturito dal dialogo fruttifero e provocante tra fotografo e editore. SUMO pesava, in scatola con leggio annesso, 35,4 kg. per un tomo fuori dal comune.
Le scelte di Newton crearono un libro unico e di riferimento che si è posto come pietra di paragone rispetto a ogni tentativo editoriale precedentemente sviluppato, sia in termini di stravaganza concettuale che di specifiche tecniche. Pubblicato in un’edizione di 10.000 copie firmate e numerate, SUMO andò quasi del tutto esaurito subito dopo la pubblicazione e moltiplicò rapidamente il suo valore per poi tornare disponibile a prezzi meno esosi che alla sua uscita sul mercato, quando alcune copie regalate a istituzioni e privati tornarono disponibili. La tentazione di acquistarlo fu molto intensa, ma rimasi a guardare le mie collezioni di carta stampata con le sue fotografie. Mi sentivo un ritardatario ogni qualvolta vedevo una sua fotografia. Mi sentivo un suo ammiratore che aveva posticipato al di là di ogni sopportazione il tributo di considerazione dovuto a un vero sovvertitore dell’estetica fotografica, amato e lodato in anni lontani. Ero anche resistito, qualche anno fa, dopo aver visitato una sua splendida mostra a Roma, al impellente bisogno di avere qualche sua opera da poter guardare senza evocare solo il ricordo visivo. Ora con un ritardo di quaranta anni ho, finalmente, dato il mio tributo a Helmut Newton (nato Helmut Neustädter il 31 ottobre 1920 e morto a Los Angeles il 23 gennaio 2004) fotografo tedesco-australiano. Prolifico fotografo di moda e di celebrità, ampiamente imitato, le cui foto in bianco e nero provocatorie e cariche d’erotismo sono state un pilastro di Vogue e di altre pubblicazioni glamour, nonché tema di libri e iniziative editoriali memorabili.
Questa edizione XL celebra i 20 anni di SUMO. È il risultato di un progetto ideato da Helmut Newton venti anni or sono e revisionato da sua moglie June (Alice Springs). Il volume raccoglie 464 immagini e un nuovo opuscolo che ci guida attraverso la realizzazione di questa impresa editoriale: un tributo spettacolare alla fantasia ironica di Helmut Newton, la più grande della sua vita, ora in un formato amichevolmente maneggiabile.
Caratteristiche di Sumo 20 anni
- Copertina rigida:464 pagine
- Editore:Taschen America Llc; Multilingual, Revised edizione (20 maggio 2019)
- Collana:EXTRA LARGE
- Lingua:Multilingue
- Peso di spedizione:6,1 Kg