KEITH CARTER Texas – USA – 1948
Estate 2001, eravamo nel periodo estivo che precede il gran caldo. Quello che nel 2003 fece del Mediterraneo una fornace, la prima di tante altre a seguire. Agli Scavi Scaligeri, in piena attività da cinque anni, esponevano il compianto Mauro Fiorese e Keith Carter. Era la mostra che accompagnava l’estate scaligera in fotografia. Un collega mi chiese, dopo aver “scoperto” in un mondo ancora poco digitale, il fotografo americano, quale fosse la mia impressione sul suo lavoro così strambo. La sua definizione era ben caratterizzata e confermata da altri commenti ascoltati in quei mesi e in quelli a seguire. Affermativo, conoscevo KC e non avevo nessuna particolare opinione del suo lavoro, Guardavo le fotografie con un misto di leggero interesse e sottile insoddisfazione. Una foto accattivante mi portava a un’altra monotona, insomma potevo accontentarmi di quello che vedevo appeso ai muri o in qualche lontano sito web.
Sono tornato in questi giorni, a tanti anni di distanza, con gli occhi sull’ultimo libro di KC “Ghostlight” edito da University of Texas. Cento ottantaquattro pagine di fotografi sognanti.
Lodato come “un realista trascendente” e “un poeta dell’ordinario”, Keith Carter è un fotografo famoso in tutto il mondo dove si consumi fotografia. KC trovò per le prime sue immagini i soggetti nei luoghi e nelle persone familiari, del suo nativo Texas orientale. Negli ultimi due decenni ha ampliato il suo raggio d’azione non solo geograficamente, entrando nei regni dei sogni e dell’immaginazione, dove gli oggetti del mondo comune aprono scorci su realtà ineffabili.
Keith Carter esplora relazioni senza tempo, enigmatiche e mitologiche. Attingendo al mondo animale, alla cultura popolare, al folklore e alla religione, presentando fotografie che tentano di riflettere significati nascosti nel mondo reale.
Le zone umide del sud, con i loro alberi ricoperti di muschio e l’acqua scura che nascondono i misteri sottostanti, sono luoghi stranamente belli, sede di storie di fantasmi e di luci inquietanti ed eteree. “Ghostlight” cattura gli spiriti ultraterreni di zone umide, paludi, acquitrini in più di cento fotografie.
Dalle paludi del sud degli Stati Uniti, questo nuovo lavoro cerca di rivelare “il segreto e il misterioso” di questo paesaggio spesso trascurato: ciuffi di nebbia che fluttuano tra i rami degli alberi; figure senza volto che contemplano una palude; sentieri infiniti che conducono a parti sconosciute. Allo stesso modo, vengono evocate immagini spettrali nel racconto originale che apre questo libro, “Ghostlight”, scrive l’autore di best-seller Bret Anthony Johnston, “si libra, sfreccia, scompare. Può essere elusiva come i filamenti di cotone, come un bambino dispettoso. Più ti avvicini” la luce si allontana.” Un capolavoro di fotografia onirica